venerdì 18 gennaio 2013

Intervista a My Right of Frost su Rosa Selvaggia Obscure Webzine!


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Salute ragazzi, e benvenuti sulle frequenze oscure di Rosa Selvaggia.
MROF: Ciao, grazie! Tra le frequenze ci sentiamo sempre a nostro agio...  
Ho avuto il piacere di seguire il vostro progetto sin dal nascere, trattando tra l'altro il vostro EP di debutto proprio nell'ambito del nostro spazio dedicato alle nuove uscite. Il Cd “Circuit Bending Steampunk Industrial” coincide effettivamente con la nascita del vostro collettivo oppure eravate già attivi da qualche tempo? So di alcune vostre esibizioni nell’area genovese tra il 2011 e l’anno passato, alle quali tra l'altro dobbiamo le 7 tracce del dischetto...
RB: Ci siamo presentati su diversi palchi genovesi alla fine del 2011. La buona accoglienza che ha trovato la nostra musica ci ha piacevolmente sorpreso, dato il genere, ehm, peculiare che proponiamo...
Conosco personalmente solamente uno di voi, il carissimo Andrea Lombardi, chi sono gli altri elementi del progetto e quale il ruolo di ognuno? Trattasi di ensemble “modulare” e flessibile – come spesso accade in molti progetti d'area sperimentale - oppure la formazione può considerarsi definita e rigida?
RB: Guarda, stante il grande affiatamento e l'amicizia che ci lega, è possibile che qualche elemento si aggiunga (ci piacerebbe una voce, o uno strumento acustico) ma direi che il nocciolo del gruppo ha una sua stabilità. Walter Giacchero oltre alla voce suona il Theremin e altri strumenti autocostruiti di non immediata e agevole definizione; lo stesso dicasi per Francesco Marini; Andrea Lombardi sta al mixer e cura quella che chiamiamo “propaganda”: sito, pagina FB, merchandising, rapporto con i locali, accessori visivi che usiamo dal vivo; io elaboro e costruisco gli strumenti di cui sopra, e li suono pure. Inoltre mi occupo della parte tecnica. Tutti partecipiamo alla composizione dei brani.
“MROF traggono segni sonori da circuiti elettronici rifunzionalizzati e resi quanto più possibile critici dall’instabilità del punto di feedback”, leggo sul vostro Blog. Una definizione che sa quasi di manifesto artistico futurista, o magari di lucida follia dadaista. Qual è il vostro personale background? Nel vostro Ep d’esordio ho intravisto schegge di krautrock rimbalzare su solide pareti post-industriali, musica concreta, spoken words e molto altro.
AL: Come totale non musicista, a parte il ruolo di “propaganda-abteilung” ricordato poc’anzi da Raffaello, credo di contribuire, tramite alcuni miei interessi, a alimentare le suggestioni che MROF fa sue e restituisce: per esempio, molte letture che abbiamo in comune Raffaello e io, da autori “standard” della cultura industriale, come Ballard, Sterling e Burroughs, a altri meno consueti in questo contesto, come Céline, Pound, Peter Russell o Lorenzo Viani, a un certo sguardo che abbiamo verso la tecnica e la storia riemergono, talvolta, nell’esperienza MROF. “Sonoramente”, il mio retroterra di ascolti - dall’industrial classico dei TG, SPK, NON, Monte Cazazza e Maurizio Bianchi, ai field recording e alla sound e noise art - mi aiuta nel disperato tentativo di “fire catcher”, tramite il mixer, dei suoni generati dai più disparati frutti della malvagità tecnica di Bisso e dalle performance agli strumenti di Walter e Francesco, convogliandoli verso l’ascoltatore.
RB: Personalmente amo la musica cosiddetta contemporanea, grande contenitore dal quale vorrei far risaltare nomi, o numi, come Webern, J. Tenney, Cage, Arvo Pärt... certo Schaeffer per quanto riguarda la musique concrète... amo anche la ricerca di personaggi come Nakamura o Alva Noto. Di elettronica, industrial, ambient e metal - e di tutto ciò che sta in mezzo - sono ascoltatore entusiasta ma asistematico. Mi interessano anche le indagini e le ricostruzioni di suoni singoli e decontestualizzati o di entità più complesse delle quali si occupa l'antropologia della musica; degli strumenti, o meglio oggetti sonori, dei popoli primitivi, o extraeuropei.
Ho trovato alcuni spunti di ORGANOLOGIE, all'interno del booklet del CD, decisamente interessanti. Il primo, tratto dalle parole dello sperimentatore noise giapponese Toshimaru Nakamura, sul musicista che finisce per essere quasi controllato/condizionato dal suono medesimo da lui prodotto, una vera sfida contro i feedbacks generati dalle proprie macchine. Capita durante una performance di MROF?
RB: Direi che sul palco lavoriamo perché in una nostra performance succeda proprio quello! I pezzi hanno una struttura scritta, una durata stabilita, dei passaggi fissi centrati su determinati eventi, a volte testi anche piuttosto lunghi. All'interno di questo schema gli eventi sonori non sono predeterminati, e possono diventare una sorpresa anche per noi. Gli inneschi accidentali dell'ambiente, uno strumento con una pila scarica, una maggiore o minore conduttività della pelle, la luce stessa dell'ambiente interagiscono con i sensori dei nostri generatori di suoni e noi controlliamo - fino ad un certo punto - il risultato complessivo, esasperando o sviando i fenomeni che nascono dai movimenti delle cariche elettriche e dai feedback acustici.
A tal proposito parlavo tempo fa' con il vostro concittadino Stefano Bertoli di KHN’SHS della bellezza dell’ improvvisazione, elemento che senz’altro vi appartiene in maniera viscerale. Immagino che una performance live di MROF possa risultare ogni volta come…la prima volta!
WG: La comprensione del "momento" é importante, per quanto riguarda la valutazione/composizione dell'atto sonoro in sé. Ma serve anche per portarci vicino all'esecuzione "unisona" a livello circuitale, quella dimensione acustica ideale a smembrare ogni credo musicale dell'ascoltatore, ma anche di chi esegue. Personalmente credo giusto trovare spazio "tra" le note, per quanto il termine nota perda di significato in un contesto elettronico/modulato/ipnotico, e anzi rafforza il messaggio puro che in realtà, e con molti sacrifici, intenzionalmente creiamo. Si crea unicità col lusso di restare sempre attuali, calpestando logiche usuali ed opinabili, e godendo della gioia che solo un circuito alimentato bene può dare.
In ORGANOLOGIE parlate anche dell' utilizzo dell'oggetto usurato e giunto al termine della sua funzione tipica – ridotto quindi allo stato di rifiuto – che torna a nuova vita attraverso l'utilizzo che lo sperimentatore ne fa per generare suoni non convenzionali. Gli insegnamenti base dell'industrial old-school se vogliamo: come vengono riattualizzati nel flusso creativo di MROF?
Non saprei. Il processo che parte dal trovare un oggetto e termina con un suono che viene prodotto durante un pezzo non assomiglia a nessun altro processo. Di sicuro non è un'operazione post-punk, nel senso che, senza falsa modestia, forse il nostro background è un pochino più articolato dell' ”impara tre accordi e copia un riff famoso” e poi... non ci prendiamo così sul serio; non è obsolete tech né post-consumerist perché il discorso critica alla società dei consumi sa un attimino di muffa o sbaglio? Semmai rimpiangiamo l'attimo in cui il Sapiens silvopastorale faceva dei buchi in una canna, faceva girare il bullroarer o soffiava in una conchiglia... e la storia poteva andare in un'altra direzione.... Naturalmente scherzo.
My Right of Frost, entità operante nell'anno 2013: creatura gravitante nel bacino della cosiddetta grey area o semplicemente avantgarde?
Mi sa che ti ho già risposto nella risposta precedente...

Intervista by Stefano Oflorenz per Rosa Selvaggia Obscure Webzine!